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La storia della farmacologia è la storia del nostro tentativo, millenario, di comprendere e governare i meccanismi della salute e della malattia. Fin dai primordi, l’essere umano ha cercato nella natura le risposte al dolore, alla febbre, alle infezioni, alle ferite. All’inizio era l’intuizione, poi l’osservazione, infine la sperimentazione e la scienza. L’evoluzione della farmacologia è un viaggio affascinante che racconta come, nel tempo, si sia passati dall’uso empirico di erbe medicinali alla sintesi razionale di molecole capaci di agire in modo mirato sul nostro organismo.

Le origini: la fitoterapia nella medicina antica
Le prime testimonianze dell’uso delle piante a fini terapeutici risalgono a più di 5000 anni fa. Le civiltà mesopotamiche, egizia, indiana e cinese svilupparono sistemi medici articolati che includevano centinaia di rimedi naturali. Il papiro di Ebers (XVI sec. a.C.), ad esempio, elenca oltre 700 sostanze curative usate dagli Egizi: tra queste troviamo l’aloe, l’aglio, la menta, il mirto.

In Cina, la farmacopea tradizionale si sviluppò intorno al concetto di equilibrio tra Yin e Yang e all’energia vitale Qi. Le erbe venivano associate a funzioni energetiche, sapori, meridiani. Un approccio diverso da quello greco-romano, dove Ippocrate e poi Galeno posero le basi di una medicina basata sugli “umori”, ma anch’essa profondamente legata all’uso di preparati vegetali, minerali e animali.

La fitoterapia fu tramandata attraverso i secoli, mantenuta viva soprattutto nei monasteri medievali e nelle scuole mediche salernitane. In quel periodo, l’arte della “semplicità” – cioè l’uso di una sola pianta per volta – veniva insegnata accanto alla pratica più complessa dei “composti”, anticipando in qualche modo la logica della farmacologia moderna.

Il Rinascimento e l’alba della chimica medica
A partire dal Rinascimento, con la riscoperta dei testi antichi e l’avvento della stampa, le conoscenze mediche iniziarono a circolare con maggiore velocità. Paracelso (1493–1541), figura chiave della medicina rinascimentale, introdusse il concetto che “è la dose che fa il veleno”, aprendo la strada a una visione più chimica e dosimetrica della cura.

La scoperta dell’alchimia e l’analisi delle proprietà fisiche e chimiche delle sostanze posero le basi per la spagiria, una forma primitiva di chimica farmaceutica che cercava di isolare i principi attivi dalle piante.

Tuttavia, fu solo tra il XVIII e il XIX secolo che si affermò l’idea moderna di principio attivo. Non era più la pianta intera a essere somministrata, ma la molecola isolata, responsabile dell’effetto terapeutico. Nasce così la farmacognosia, ovvero lo studio delle droghe naturali e dei principi che contengono.

Le prime grandi scoperte: la chimica farmacologica dell’Ottocento
Il 1806 segna una data cruciale: il farmacista tedesco Friedrich Sertürner isola la morfina dal papavero da oppio, aprendo la strada alla farmacologia moderna. A seguire, vengono estratte la chinina dalla corteccia di china, la nicotina, la caffeina, la cocaina. Tutti principi attivi ricavati da piante, ma finalmente comprensibili e dosabili con precisione.

Questa fase è importante perché segna il passaggio dalla medicina empirica alla medicina sperimentale. Si comincia a studiare la farmacocinetica (cioè come il farmaco si muove nel corpo) e la farmacodinamica (cioè come il farmaco interagisce con i recettori biologici).

La sintesi chimica e l’esplosione della farmacopea moderna
Se l’Ottocento è il secolo dell’estrazione, il Novecento sarà il secolo della sintesi. I chimici iniziano a ricreare le molecole naturali in laboratorio, e presto imparano anche a modificarle, migliorarle, ottimizzarle.

Un esempio celebre è l’aspirina, sintetizzata per la prima volta nel 1897 da Felix Hoffmann per conto della Bayer. Derivata dall’acido salicilico presente nella corteccia del salice, l’aspirina rappresenta il primo caso di un principio naturale trasformato in un farmaco sintetico con migliori proprietà terapeutiche e minori effetti collaterali.

Dagli anni ’30 in poi, la farmacologia subisce una vera e propria accelerazione. Si scoprono gli antibiotici, prima la penicillina (Alexander Fleming, 1928), poi la streptomicina, la tetraciclina, l’eritromicina. La mortalità per infezioni crolla.

Negli anni ’50-’70 si sviluppano nuove classi di farmaci: psicofarmaci, antistaminici, antinfiammatori non steroidei, ormoni di sintesi, cortisonici, antitumorali.

Il presente: farmacologia molecolare, biotecnologie e medicina di precisione
Oggi la farmacologia è una scienza che combina chimica, biologia molecolare, genetica, nanotecnologie e intelligenza artificiale. I farmaci non vengono più scoperti per caso, ma progettati razionalmente, mirati su recettori specifici, modelli 3D, studi in silico.

La farmacogenomica ha aperto le porte alla medicina personalizzata: sappiamo che una stessa molecola può avere effetti diversi in base al profilo genetico del paziente. Questo permette di ridurre il rischio di effetti collaterali e aumentare l’efficacia terapeutica.

Nel frattempo, l’immunoterapia ha rivoluzionato la cura di alcuni tumori, sfruttando le stesse difese dell’organismo. E le biotecnologie hanno reso possibile la produzione di farmaci “biologici”, cioè derivati da cellule viventi.

E la natura? Non è mai uscita di scena
Nonostante i progressi della sintesi chimica, la natura continua a ispirare i ricercatori. Ogni anno si studiano migliaia di composti di origine naturale provenienti da piante, microrganismi, animali marini, batteri del suolo.

Alcuni esempi recenti? Il taxolo (un chemioterapico derivato dal tasso del Pacifico), l’artemisinina (contro la malaria, dalla pianta Artemisia annua), e una serie di nuovi antibiotici scoperti in ambienti estremi come le sorgenti termali o le fosse oceaniche.

Una scienza sempre in cammino
La farmacologia non è mai stata una scienza immobile. Si è evoluta, spesso insieme alla società e alle sue esigenze. Ha imparato a usare la natura, a migliorarla, a sintetizzarla, e oggi torna a interrogarla con maggiore consapevolezza.

Capire da dove veniamo aiuta a comprendere dove stiamo andando. E se il futuro ci porterà farmaci sempre più personalizzati, intelligenti e sicuri, sarà anche grazie alle radici profonde piantate nella storia, nella chimica, e nella straordinaria biodiversità che ci circonda.